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Terapia non chirurgica, meccanico/farmacologica della perimplantite. Risultati a un anno
Obiettivi: I risultati della terapia non chirurgica della perimplantite, benché universalmente riconosciuta come primo e indispensabile passo per poter raggiungere la risoluzione della patologia, secondo quanto riportato dalla letteratura, sono altamente variabili e in molti casi incompleti a tal punto da rendere necessaria ulteriore terapia di tipo chirurgico. Molti approcci sono stati proposti e nessuno sembra mostrare una superiorità certa né una elevata predicibilità di risultato. L’approccio composito proposto, basato sull’ausilio di un antibiotico a rilascio controllato sulla superficie degli impianti solo dopo aver ottimizzato l’igiene dei pazienti e aver eliminato al meglio possibile, con strumenti appositamente disegnati per raggiungere la superficie degli impianti affetti potrebbe risultare efficace e riportare i parametri biometrici all’interno delle soglie di mantenibilità a medio lungo termine al punto da ridurre la necessità di ulteriore terapia.
Scopo di questo studio è valutare l’efficacia di tale approccio terapeutico in pazienti con almeno un impianto con BoP+ e perdita ossea>2mm.
Materiali e metodi: 26 pazienti con 49 impianti che presentassero BoP+ e perdita ossea>2mm, riscontrata su radiografia endorale in tecnica parallela sono stati arruolati e sottoposti a: debridment della cavità orale mediante l’utilizzo di punte ultrasoniche dedicate alla strumentazione implantare, rimozione del biofilm mediante l’utilizzo di polvere di glicina/eritritolo veicolate con appositi strumenti, istruzioni di igiene orale personalizzate e applicazione di gel di doxiciclina. I seguenti parametri biometrici: PPD, BoP, REC, su sei punti per ogni impianto sono stati registrati all’arruolamento, dopo tre e dodici mesi.
Risultati: I valori di PPD e REC erano di 6,7 e 0,6mm rispettivamente all’arruolamento, il BoP del 100%, a un anno i valori erano di 4,6mm, 1,6mm e 29% rispettivamente, passando attraverso valori di 4,8mm, 1,4mm e 39% a tre mesi; al termine del periodo di osservazione il 60% degli impianti aveva PPD≤4mm e il 56% PPD≤4mm e assenza di BoP; risultati che suggeriscono la possibilità che tali siti possano essere mantenuti con successo e di conseguenza che il percorso
terapeutico comporti minori indicazioni alla chirurgia per il trattamento della patologia residua.
Conclusioni: Questo approccio ha ottenuto una riduzione clinicamente rilevante e statisticamente significativa di PPD nonostante un aumento di REC. Ulteriori e più approfondite indagini sono necessarie per comprendere se queste
indicazioni preliminari possano confermare la validità clinica della metodica nella sua interezza e successivamente, attraverso studi più sofisticati, comprendere il ruolo delle sue diverse componenti quali l’antibiotico locale.
Implicazioni cliniche: Il protocollo testato ha fornito risultati incoraggianti e potrebbe, se ulteriormente validato, fornire una strategia terapeutica non chirurgica in grado di dare risultati predicibili per il controllo della perimplantite con una conseguente minore ricorso alla chirurgia, per poter mettere effettivamente sotto controllo la patologia.