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Serve una borraccia

Allora ci volle un’epidemia globale con migliaia di morti.

Fu tra la fine degli Ottanta e gli inizi dei Novanta che le abitudini degli odontoiatri di tutto il mondo cambiarono radicalmente a cau­sa di una nuova letale malattia che si trasmetteva con il sangue. Perché prima della comparsa dell’AIDS, guanti, mascherine, stru­menti monouso e autoclavi erano l’eccezione, non la regola. Poi, per proteggere i pazienti (e se stessi), i dentisti adottarono misure oggi considerate irri­nunciabili, e a distanza di 30 anni i casi di trasmissione dell’infezione in uno studio odontoiatrico si contano sulle dita di una mano e non credo siano state documentate sieroconversioni per motivi professionali.

Chissà se anche oggi siamo alla vigilia di modifiche altrettanto profonde. Perché se l’emergenza AIDS interessava tanti cittadini del mondo, quella attuale li coinvolge tutti, tutti e sette i miliardi. Come avrete immaginato sto parlando dell’emergenza ambienta­le in tutte le sue declinazioni: dai mutamenti climatici all’inquinamento da plastica. Problemi per i quali forse abbiamo già superato il punto di non ritorno, ma che non per questo possiamo ignorare come individui e come categoria.

Alcune associazioni nazionali, come quella inglese e australiana, e la FDI World Dental Federation, hanno aperto la discussione su una pratica sostenibile, pubblicando docu­menti di indirizzo che elencano indicazioni di massima, senza entrare però troppo nel merito. Per esempio auspicando un’odontoiatria che riduca significativamente il mo­nouso senza però compromettere la sicurezza del paziente. Uno scenario che per di­ventare realtà richiederà procedure e strumenti ancora tutti da inventare.

E intanto sono già nate le prime cliniche odontoiatriche green, anche se in questo caso esiste il dubbio che il vero obiettivo sia quello promozionale.

C’è molto da lavorare, soprattutto su noi stessi e sulle nostre abitudini. Ieri in clinica ero seduto al grande tavolo attorno al quale passiamo insieme la pausa pranzo. Tutti i pre­senti, prevalentemente studenti, avevano davanti a sé delle borracce molto stilose e piene d’acqua del rubinetto (a Milano è ottima). L’unico con una bottiglietta d’acqua di plastica, di quelle da mezzo litro delle macchinette, ero io.

Buona lettura.    

Prof. Giovanni Lodi, Direttore Scientifico di Dental Cadmos

doi: https://doi.org/10.19256/d.cadmos.08.2019.01

Table of Contents: Vol. 87 – Issue 08 – Ottobre 2019

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