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Università post COVID-19
Come sarà l’università post coronavirus e come è già cambiata in questi mesi? Probabilmente non ci sarà un rientro “in massa” a settembre e parte della formazione sarà gestita a distanza. Abbiamo chiesto a Lucia Zannini, Professore Associato di Pedagogia generale e sociale (M-PED/01), Scuola di medicina, Università degli studi di Milano, di raccontarci come si trasformerà il percorso didattico.
Il COVID-19 come ha modificato in questi mesi la didattica universitaria?
Abbastanza, ma non moltissimo. I docenti sono stati costretti a utilizzare le tecnologie per fare lezione ma è cambiato solo lo strumento di comunicazione, non è mutato il modo di insegnare. A parte rare eccezioni, i docenti non stanno utilizzando l’enorme potenziale che hanno a disposizione, si limitano a sostituire il canale: da uno “in presenza” a uno “da remoto”.
Chi prima del lockdown interagiva in aula con gli studenti continua a farlo anche ora da uno schermo; allo stesso modo, chi li coinvolgeva poco non ha modificato il suo approccio. Ma una formazione a distanza di qualità non si ferma alla semplice trasposizione offline/online delle attività in presenza.
Come dovrebbero cambiare mentalità del docente e moduli formativi?
All’Università di Milano abbiamo ricevuto un grande supporto in questi mesi dal Centro per l’innovazione didattica e le tecnologie multimediali (CTU). Ci hanno dato indicazioni per muoverci più agilmente nell’emergenza. Ci hanno spiegato, per esempio, che una lezione tradizionale di 60 minuti in aula non può durare più di 20-25 minuti da remoto per mantenere la sua efficacia formativa. Ciò significa pianificare in modo diverso i futuri corsi. Superata l’emergenza, dovrà scattare la fase nuova: la formazione dei formatori.
Sulla progettazione di un corso e-learning, sulla gestione dell’aula in attività sincrone e asincrone, sulla valutazione degli apprendimenti nella formazione a distanza. Ed è un’esigenza che interessa anche la didattica “in presenza” perché gran parte degli atenei non sono e non saranno mai completamente online.
Che cosa richiede in più, o di differente, la didattica da remoto?
Sicuramente la capacità di usare, soprattutto per grandi aule, strumenti di interazione che permettano agli studenti di portare a casa apprendimenti più durevoli. La versione professional di Zoom, per esempio, permette di fare domande e ricevere risposte in tempo reale, aggregandole in diretta. È uno strumento semplice ma potente, che consente di coinvolgere l’aula e permette al formatore di capire il livello di comprensione raggiunto e di scegliere se ripetere alcuni concetti o passare ad altri argomenti.
Il percorso didattico va ripensato in micro-unità didattiche, bisogna spostare il raggiungimento degli obiettivi che si ottenevano totalmente in aula su altre tipologie di attività, spesso asincrone. Non si può pensare di gestire tutto online. Si devono progettare, per esempio, attività che gli studenti possano svolgere in piccoli gruppi e sui quali è imprescindibile dare feedback. Perché il feedback, fondamentale nella didattica tradizionale, diventa vitale nelle attività online e offline.
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