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Con la medicina narrativa il vissuto del paziente aiuta l’odontoiatra nelle decisioni

Dapprima vista con sospetto, contrapposta all’esattezza della evidence-based medicine, la medicina narrativa si è gradualmente imposta in tutti gli ambiti clinico-assistenziali per il miglioramento dell’assistenza offerta.

Attraverso l’ascolto empatico dell’esperienza del paziente e la risonanza emotiva generata nel terapeuta, infatti, si intende offrire un’utile componente che si integra, e non certo si sostituisce, al sapere medico scientifico. Questo approccio rientra in una volontà di umanizzazione delle cure sempre più perseguita anche a livello accademico.

Si tratta di acquisire una mentalità che può essere sempre d’ausilio anche in una specialità come l’odontoiatria in cui la rassicurazione del paziente, soprattutto in ambito pediatrico dove la comunicazione richiede maggiore attenzione, è decisiva per un corretto e sicuro svolgimento degli interventi.

Abbiamo chiesto un approfondimento su questi temi a una delle figure con la massima esperienza nel settore, la prof.ssa Gabriella Pravettoni dell’Università degli Studi di Milano.

Che cosa si intende esattamente con il termine “medicina narrativa”?
Questo approccio, che nasce circa trent’anni fa, mira a introdurre nella pratica medica quotidiana l’uso della narrazione come strumento per raccogliere e interpretare le informazioni sull’esperienza di malattia del paziente. Nella medicina narrativa si dà molto spazio a ciò che un paziente sente, a ciò che percepisce e soprattutto a come dice di sentirsi.

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doi: https://doi.org/10.19256/d.cadmos.01.2017.03

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