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La gestione del paziente affetto da parodontite – Modulo 5: Terapia parodontale di supporto: dalla disinfezione della ferita post-chirurgica alla terapia di mantenimento

La gestione della ferita dopo un intervento di chirurgia parodontale deve seguire un timing e procedure precise, al fine di permettere una corretta guarigione dei tessuti duri e molli. A ogni appuntamento di controllo post-chirurgico è compito del clinico eseguire un polishing dell’area trattata per ridurre al minimo l’insulto infiammatorio là dove il paziente non può ancora effettuare le consuete manovre di igiene orale domiciliare. È inoltre fondamentale fornire al paziente le indicazioni post-operatorie opportune in base al tipo di intervento eseguito e alla maturazione della ferita.
Solitamente dopo una chirurgia ossea resettiva le suture vengono tolte a sette giorni e già dalla settimana successiva il paziente riprende gradualmente le procedure domiciliari. Dopo una chirurgia ossea rigenerativa, invece, bisogna prestare particolare attenzione alla completa chiusura della ferita chirurgica prima di istruire nuovamente il paziente alle manovre domiciliari, che riprenderanno in modo molto più graduale e delicato.
Al termine della terapia attiva, chirurgica o non chirurgica, il paziente viene sottoposto dal parodontologo a una nuova rivalutazione per stabilire i nuovi parametri di baseline a cui si farà riferimento durante la terapia parodontale di supporto. Obiettivo principale di quest’ultima è prevenire le recidive di malattia parodontale in pazienti precedentemente sottoposti a terapia attiva, in modo da mantenere bassa la carica batterica e la conseguente infiammazione ed evitare così la progressione della patologia e l’eventuale perdita degli elementi dentari.
Molti studi hanno dimostrato che un sistema di richiami di igiene e di terapia di supporto personalizzato permettono di evitare nel lungo periodo la perdita dentale in pazienti parodontali. Esistono diversi sistemi per stabilire un profilo di rischio di progressione della malattia in modo individualizzato per ogni paziente, per determinare frequenza e modalità della terapia di supporto necessarie a mantenere stabili i livelli di attacco ottenuti durante la terapia attiva. Con questi metodi il clinico può facilmente identificare i pazienti che hanno una peggiore prognosi parodontale e può così attuare strategie terapeutiche personalizzate per
controllare i fattori di rischio individuali. Gli strumenti utilizzati durante la terapia di supporto sono gli stessi impiegati durante le fasi di diagnosi, motivazione all’igiene domiciliare e terapia non chirurgica. È importante scegliere in questo frangente strumenti poco invasivi, che consentano di non danneggiare nel ripetersi delle sedute la sostanza dentale detersa.
La seduta operativa vera e propria prevede più fasi che hanno lo scopo di controllare lo stato di salute parodontale e rimotivare il paziente là dove sia in difficoltà nelle manovre di igiene domiciliari, eliminare i residui di tartaro e placca sopra e sottogengivali presenti, trattare con
prodotti specifici l’ipersensibilità dentinale e diagnosticare eventuali patologie insorte tra gli intervalli di richiamo (carie, malattie dei tessuti molli, recidive parodontali) anche attraverso l’uso di indagini radiologiche. Sistemi coadiuvanti quali laser, terapia fotodinamica e agenti antimicrobici topici non hanno dimostrato in letteratura alcun beneficio aggiuntivo rispetto alla sola terapia meccanica nella seduta di mantenimento.
In conclusione, la terapia di supporto deve essere parte integrante non solo della terapia parodontale, ma della terapia odontoiatrica del paziente. È infatti fondamentale che il paziente sia messo al corrente dei rischi, ma soprattutto dei benefici che una regolarità nella frequenza dei richiami può dare, anche dal punto di vista sistemico per via delle numerosissime correlazioni tra salute orale e salute generale.

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Table of Contents: Vol. 90 – Issue 5 – Maggio 2022

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