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Trattamento non chirurgico di una perimplantite indotta da cemento. Caso clinico con follow-up a 3 anni
Obiettivi La perimplantite rappresenta una nuova sfida per l’odontoiatra in quanto il suo trattamento e la sua gestione sono controverse e non esiste un protocollo standard. Inoltre, da recenti meta-analisi della letteratura la prevalenza sembrerebbe essere una problematica abbastanza comune.
Le patologie perimplantari consistono in un processo infiammatorio che colpisce i tessuti molli e duri che circondano gli impianti. Negli ultimi anni le complicanze biologiche causate da resti di cemento non rilevati stanno ricevendo una notevole attenzione. L’esito di complicanze biologiche dovute all’eccesso di cemento può variare dall’infiammazione temporanea dei tessuti molli perimplantari senza gravi conseguenze estetiche e funzionali, fino alla perdita dell’impianto.
L’obiettivo di questo lavoro è di descrivere e mostrare i risultati clinici e radiografici, in parte inaspettati e decisamente positivi, ottenuti da un approccio non chirurgico di un caso di perimplantite verosimilmente innescata dalla presenza di cemento in eccesso.
Materiali e metodi Si riporta un caso clinico di una paziente di anni 62 non fumatrice con una buona condizione di salute sistemica e con assenza di problematiche parodontali che si è presentata alla nostra osservazione lamentando dolore attorno alla gengiva in prossimità dell’impianto in sede 4.6 da due mesi circa.
Dopo un corretto approccio diagnostico clinico e radiografico si è deciso, di comune accordo con la paziente, di utilizzare una terapia non chirurgica combinata associando una terapia meccanica per il debridement implantare con utilizzo dell’air-polishing therapy con polvere a bassa abrasività a base di eritritolo e inserti ultrasonici specifici rivestiti in PEC a una terapia chimica con l’utilizzo della doxiciclina topica al 14% e di rivalutare il caso a distanza di 3 mesi per eventuale chirurgia rigenerativa.
Risultati e conclusioni I risultati clinici includono profondità di sondaggio (PD) e sanguinamento al sondaggio (BOP). Le radiografie mostrano la perdita ossea attorno all’impianto a forma di cratere a T-0. Dopo un periodo di guarigione si è verificata una riduzione significativa della PD e assenza di BOP.
Inoltre, le radiografie eseguite successivamente mostrano una remineralizzazione ossea attorno alle spire dell’impianto e risultati stabili durante tre anni senza dover ricorrere ad alcuna chirurgia rigenerativa.
Significato clinico La corretta diagnosi, la rimozione del manufatto protesico che ci ha garantito un miglior accesso al difetto, la corretta rimozione del fattore eziologico e la compliance del paziente sono la chiave del successo nella patologia perimplantare; nello specifico, hanno permesso non solo di arginare questo processo flogistico che, se non opportunamente trattato avrebbe potuto esitare nella perdita di un impianto perfettamente osteointegrato, ma anche di ottenere un processo di guarigione ottimale che si è mantenuto per 36 mesi.
Alla luce di quanto accaduto in questo caso, il trattamento non chirurgico della perimplantite, in determinate condizioni e secondo alcuni protocolli, potrebbe portare non solo all’assenza di infiammazione e alla riduzione della profondità di sondaggio, ma anche alla remineralizzazione attorno al sito dell’impianto?
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