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Ce l’ho fatta
Il ragionamento è piuttosto semplice: se si prendono decisioni cliniche sulla base di cattiva scienza, le decisioni prese saranno pure cattive, e a pagarne le spese sarà il paziente che ha affidato a noi il suo bene forse più prezioso: la salute. Se ciò non bastasse, anche la cattiva scienza costa, rappresentando perciò uno spreco di risorse, per lo più pubbliche, che potrebbero (dovrebbero?) essere meglio impiegate.
La cattiva scienza deve quindi essere ricercata, wanted, come sui manifesti dei film western, e uno dei più noti bounty killer, per rimanere in metafora, è John Ioannidis dell’Università di Standford, autore del provocatorio “Perché la maggior parte delle scoperte scientifiche pubblicate sono false”, articolo scaricato oltre tre milioni di volte dal sito della rivista “PLOS medicine”.
Il ricercatore di origini greche ha recentemente pubblicato sul Journal of Dental Research un articolo sulla cattiva scienza nella letteratura odontoiatrica, in cui sono stati messi sotto esame l’adeguatezza del disegno degli studi, il rigore nell’analisi dei dati e la qualità del testo. Ve ne consiglio la lettura, ma se vi accontentate di una sintesi estrema, posso dire che le conclusioni mostrano luci e ombre: la qualità della nostra ricerca è lungi dall’essere perfetta, ma da qualche lustro sta progressivamente e significativamente migliorando sotto molti aspetti.
Senza timore di far alzare qualche sopracciglio, si può dire lo stesso per la nostra rivista. Dental Cadmos cerca di migliorarsi continuamente e mi auguro che i risultati che questi sforzi hanno prodotto siano evidenti a chi ci legge. Il cammino prosegue, perché credo non esista un traguardo da raggiungere, e che la cosa giusta da fare sia di continuare a spostarlo sempre un po’ più avanti man mano che ci si avvicina.
Buona lettura
P.S. Ce l’ho fatta. Non è stato affatto semplice, ma ce l’ho fatta. Ho scritto l’ultimo editoriale di questo scellerato 2020 senza nominare quella cosa lì.
Giovanni Lodi, Direttore Scientifico di Dental Cadmos
