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Atlante sulla protesi fissa con margini di chiusura verticali
Fixed prosthesis with vertical margin closure – A rational approach to clinical treatment and laboratory procedures” è il testo scritto a quattro mani da Ezio Bruna e Andrea Fabianelli che – dopo il successo ottenuto dall’edizione italiana e dalle traduzioni in cinese, polacco, portoghese e spagnolo – viene oggi presentato nella versione in lingua inglese (traduzione a cura di Jason Smithson). La preparazione del dente naturale come pilastro protesico è un procedimento che rappresenta ancora oggi una delle attività più frequenti che l’odontoiatra si trova a compiere nella sua pratica quotidiana e dalla quale può dipendere il successo, nel tempo, della ricostruzione protesica.
Questa procedura è passata però, negli ultimi anni, un po’ in secondo piano rispetto alle innovative metodiche e ai nuovi materiali comparsi sulla scena. Ezio Bruna e Andrea Fabianelli, con la collaborazione di Giulio Pavolucci, in questo volume rifocalizzano l’attenzione su questa procedura in un’ottica moderna, e grazie a un percorso che va dalla descrizione della tecnica operativa alla disamina di vantaggi e svantaggi, alle indicazioni dell’uso corretto dei materiali nonché all’esposizione dettagliata di tutte le fasi protesiche, dalla presa dell’impronta alla finalizzazione, contribuiscono non solo a chiarire molti aspetti relativi a questo tipo di preparazione ma offrono altresì una solida base teorica utile a tutti coloro che si interfacciano con la disciplina protesica.
Con uno degli autori, Ezio Bruna, abbiamo approfondito i contenuti del volume.
Nelle prime pagine del testo, professor Bruna, si fa una disamina delle possibili cause dei fallimenti in protesi fissa: perché?
Per decidere se intraprendere un trattamento protesico o rivolgersi invece ad altre metodiche è necessario disporre di un quadro preciso di quali sono gli elementi critici della procedura. Solo avendo ben presente le possibili cause di insuccesso, saremo in grado di fare la scelta più corretta per quel tipo di problema per quel paziente specifico valutandone esattamente i profili di rischio. Perché il problema più serio che sta vivendo attualmente la nostra categoria, a mio avviso, è quello di determinare le proprie scelte cliniche in base alla moda del momento…
Faccio l’esempio degli impianti, che negli ultimi vent’anni sembrano essere diventati la soluzione per qualsiasi problematica mentre non va assolutamente dimenticato che anche questi ultimi non sono scevri da problemi… Quindi ci sono pazienti per i quali la protesi su impianti è la soluzione migliore e altri in cui la realizzazione di una protesi fissa è invece, a tutt’oggi, vincente.
Quali sono le peculiarità della tecnica protesica con chiusura marginale verticale?
La peculiarità di questa tecnica è fondamentalmente la preparazione. Preparare un dente a finire è certamente una procedura semplice e veloce, ma non necessariamente facile. Come tutte le metodiche necessita quindi di una curva di ap prendimento – per potere poi diventare fruibile e di facile impiego – e di una rigorosa applicazione con il fine di ottenere risultati predicibili e soddisfacenti. Molti passaggi clinici sono intuitivi e veloci.
Tutto il protocollo, inoltre, permette di finalizzare in tempi certi il manufatto protesico e ciò consente all’odontoiatra di eseguire in maniera predicibile e veloce la gran parte delle terapie protesiche. Gli stessi ampi margini di correzione in laboratorio e in studio utilizzabili nella metodica rendono poi le preparazioni verticali qualcosa di dinamico e attivamente gestibile. Queste considerazioni valgono per tutte le procedure mediche, che hanno nella predicibilità e nella ripetibilità uno dei maggiori punti di forza.
Quindi conoscenza e applicazione sono indispensabili per poter ottenere ottimi risultati clinici. Io ho avuto il privilegio di apprendere questa tecnica negli anni Ottanta a fianco del professor Morton Amsterdam e, successivamente, di approfondirla grazie al Gruppo di Porta Mascarella.
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