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Qualche giorno fa, sulla homepage di Repubblica, ho letto due titoli che parlano di pazienti e di operatori sanitari. Ve li riporto parola per parola. Il primo: “Il paziente è uno scassamaroni: la frase choc nel referto dell’ospedale di Avola”. Il secondo: “Un altro medico aggredito: trauma cranico e setto nasale rotto. Aveva comunicato la morte di una donna ai familiari”.
Al di là del merito, su cui torno tra poche righe, mi colpisce la giustapposizione delle due notizie, che ci raccontano più del singolo episodio. Perché messe insieme descrivono un sistema in cui il rapporto tra gli attori principali sembra entrato in crisi, in cui pare essersi persa anche la sola parvenza di alleanza tra medico e paziente. E mi ha colpito anche la reazione del titolista, scioccato dal paziente che rompe metaforicamente e non da quello che rompe fisicamente. Rapporto complicato quello tra medicina e media.
Nel merito: le violenze sugli operatori sanitari rappresentano un problema molto serio e in aumento ovunque. Lo dicono la letteratura, la cronaca e lo conferma un report del Ministero della Salute secondo cui nel 2023 ci sono stati in Italia oltre 16 mila aggressioni fisiche o verbali (sì, anche quella verbale è violenza, che può essere brutale ed è sempre intollerabile). Gli episodi hanno coinvolto circa 18mila operatori sanitari: nella quasi totalità dei casi gli aggressori sono pazienti o loro familiari e le vittime, due terzi dei quali donne, infermieri e medici che prestavano servizio presso PS o reparti di degenza.
I casi a carico degli odontoiatri sembrano per fortuna piuttosto rari, ma forse perché quei dati provengono da strutture pubbliche. Infatti se leggiamo i risultati di una indagine della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, scopriamo che un’aggressione su 20 colpisce la nostra categoria.
E che dire dell’inurbano verbale del PS siciliano? Le mie reazioni sono state, in rapida sequenza: condanna (è sbagliato, non si fa), perplessità (scassamaroni? mi sa che il collega non era esattamente siciliano), introspezione (anche a me è capitato di pensare lo stesso di un paziente, spesso) e infine autoassoluzione (ma io non l’ho mai verbalizzato).
Spero non mi giudicherete troppo severamente.
Buona lettura.
Giovanni Lodi, Direttore Scientifico Dental Cadmos